sabato 27 marzo 2010
1951 – Carlo Levi – L’orologio
La notte, a Roma, par di sentire ruggire leoni. Un mormorio indistinto è il respiro della città, fra le sue cupole nere e i colli lontani, nell'ombra qua e là scintillante; e a tratti un rumore roco di sirene, come se il mare fosse vicino, e dal porto partissero navi per chissà quali orizzonti. E poi quel suono, insieme vago e selvatico, crudele ma non privo di una strana dolcezza, il ruggito dei leoni, nel deserto notturno delle case.
1951 – Alberto Moravia – Il conformista
Nel tempo della sua fanciullezza, Marcello era affascinato dagli oggetti come una gazza. Forse perché, a casa, più per indifferenza che per austerità, i genitori non avevano mai pensato a soddisfare il suo istinto di proprietà; o, forse, perché altri istinti più profondi e ancora oscuri si mascheravano in lui da avidità; egli era continuamente assalito da voglie furiose per gli oggetti più diversi.
1951 – Corrado Alvaro – Quasi una vita
La gente come me, della mia generazione, non ha una favola di vita. Perciò questo libro non è un diario né un'autobiografia. Era una raccolta di appunti che dovevano servire per me, pei racconti, i saggi, le opere che avrei scritto un giorno, che tuttavia spero mi sia dato il tempo e la lena di scrivere.
1950 – Italo Calvino – Ultimo viene il corvo
Il nuovo giardiniere era un ragazzo coi capelli lunghi, e una crocetta di stoffa in testa per tenerli fermi. Adesso veniva su per il viale con l'annaffiatoio pieno, sporgendo l'altro braccio per bilanciare il carico. Innaffiava le piante di nasturzio, piano piano, come versasse caffelatte: in terra, al piede delle piantine, si dilatava una macchia scura; quando la macchia era grande e molle lui rialzava l'innaffiatoio e passava a un'altra pianta. Il giardiniere doveva essere un bel mestiere perché si potevano fare tutte le cose con calma.
1950 – Curzio Malaparte – La pelle
Erano i giorni della " peste " di Napoli. Ogni pomeriggio alle cinque, dopo mezz'ora di punching-ball e una doccia calda nella palestra della P-B-S-, Peninsular Base Section, il Colonnello Jack Hamilton ed io scendevamo a piedi verso San Ferdinando, aprendoci il varco a gomitate nella folla che, dall'alba all'ora del coprifuoco, si accalcava tumultuando in Via Toledo.
1950 – Cesare Pavese – La bella estate
A quei tempi era sempre festa. Bastava uscire di casa e traversare la strada, per diventare come matte, e tutto era così bello, specialmente di notte, che tornando stanche morte speravano ancora che qualcosa succedesse, che scoppiasse un incendio, che in casa nascesse un bambino, o magari venisse giorno all'improvviso e tutta la gente uscisse in strada e si potesse continuare a camminare camminare fino ai prati e fin dietro le colline.
1949 – Vasco Pratolini – Un eroe del nostro tempo
1949 – Vasco Pratolini – Un eroe del nostro tempo
Nella terrazza le donne avevano steso delle corde per appendere la biancheria. Accosto al muricciolo v'era il pollaio di Virginia, col tetto di lamiera e il graticcio di rete; sul parapetto la cassetta di terra ove Faliero coltivava i pomodori. La cucina era grande abbastanza perché le donne potessero avere ciascuna il suo fornello, e un tavolo sul quale appoggiare gli utensili, la spesa. Era gente a cui la guerra aveva tolto la propria casa, o che una casa propria non aveva mai avuto.
Nella terrazza le donne avevano steso delle corde per appendere la biancheria. Accosto al muricciolo v'era il pollaio di Virginia, col tetto di lamiera e il graticcio di rete; sul parapetto la cassetta di terra ove Faliero coltivava i pomodori. La cucina era grande abbastanza perché le donne potessero avere ciascuna il suo fornello, e un tavolo sul quale appoggiare gli utensili, la spesa. Era gente a cui la guerra aveva tolto la propria casa, o che una casa propria non aveva mai avuto.
1949 – Elio Vittorini – Le donne di Messina
Io so come può immaginarsi questo nostro paese chi non l'abbia mai percorso e non ne abbia veduto che la lunga figura su una pagina d'atlante; un altipiano di asciutte terre rosse tra i due mari che sono occidente e oriente, arido, senza un albero, bruciato dai venti e dall'alito del sole, dall'alito del sale; e così è davvero per grandi estensioni, appena si vada più su dei trecento metri, in viaggio tra l'una e l'altra delle sue città con torri e cupole, arido per grandi estensioni, nudo per grandi estensioni, alto di terre rosse tra l'Emilia e la Toscana o tra Siena e Roma, come il deserto è il deserto tra l'una e l'altra delle sue oasi.
1949 – Giovanni Battista Angioletti – La memoria
All'arrivo della bella stagione in tutte le case del viale si spalancavano le finestre. Le ultime tracce di neve fuligginosa si scioglievano sotto gli immensi serbatoi rossi del gasometro, nel macello muggivano buoi, nitrivano cavalli, belavano agnelli, e al vento si alzavano frusciando gli aquiloni inghirlandati fra i campanili e le ciminiere.
1948 – Aldo Palazzeschi – I fratelli Cuccoli
Il signor Celestino Cuccoli compiva quel giorno il cinquantesimo anno di età. Una mattina di Gennaio umida e fredda, cruda, ventosa, una di quelle mattine nelle quali si rincantuccia il cuore nel petto e non viene spontaneo di alzar la testa verso il cielo. L'acqua cadeva saltuariamente consolidata in piccoli cristalli che il vento faceva picchiettare contro i vetri delle finestre comunicandone il brivido.
1948 – Anna Banti – Artemisia
" Non piangere. " Nel silenzio che divide l'uno dall'altro i miei singhiozzi, questa voce figura una ragazzetta che abbia corso in salita e voglia scaricarsi subito di un’imbasciata pressante. Non alzo la testa. "Non piangere ": la rapidità dello sdrucciolo rimbalza ora come un chicco di grandine, messaggio, nell'ardore estivo, di alti freddi cieli. Non alzo la testa, nessuno mi è vicino.
1948 – Vincenzo Cardarelli – Villa Tarantola
Fin da ragazzo ho amato le distanze e la solitudine. Uscire dalle porte del mio paese e guardarlo dal di fuori, come qualche cosa di perduto, era uno dei miei più abituali diletti. Piacere e terrore mi portavano in certi luoghi romiti, sacri alla morte, a cui però non pensavo se non per quel tanto che m'impediva d'inoltrarmi troppo in un così pauroso reame.
venerdì 26 marzo 2010
1947 – Giuseppe Berto – Il cielo è rosso
Il fiume era un corso d'acqua pigro e non molto lungo, che nasceva dalla palude, proprio dove cominciava la grande pianura. Di lì si potevano vedere i monti imbevuti di azzurro, e più vicina l'ultima linea dei colli, che erano di varia forma, alcuni alti e a punta come coni, altri bassi e tondi, come delle gobbe. E sui colli si vedevano prati e case e alberi di castagne e filari di viti, e la distanza dava a tutte queste cose un'apparenza lieve e anche un po' malinconica, quasi che non fossero fatte per gli uomini. Dove finivano i colli cominciava la grande pianura.
1947 – Ennio Flaiano – Tempo di uccidere
Ero meravigliato di esser vivo, ma stanco di aspettare soccorsi. Stanco sopratutto degli alberi che crescevano lungo il burrone, dovunque ci fosse posto per un seme che capitasse a finirvi i suoi giorni. Il caldo, quell'atmosfera morbida, che nemmeno la brezza del mattino riusciva a temperare, dava alle piante l'aspetto di animali impagliati.
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